Riuscire a parlare dei DSA, ovvero i Disturbi Specifici di Apprendimento, è particolarmente difficoltoso. Soprattutto se si vuole farlo non con un saggio, ma con un romanzo, come Cristina Romano nel suo “Come l’ortica“, il primo a trattare questi temi. Il rischio è infatti quello di o eccedere troppo nel romanzato o, al contrario, di mettere in secondo piano le regole narrative in favore di istanze più prettamente saggistiche e divulgative sui DSA. Cristina Romano cerca di muoversi su questo labile confine.

I DSA, come si legge in uno dei passi maggiormente esplicativi del libro, colpiscono l’apprendimento implicito, cioè quegli “apprendimenti di cui non siamo consapevoli” come per esempio il linguaggio verbale. I DSA si possono manifestare sotto varie forme e tipologie: dislessia, discalculia, disgrafia e così via. Il 5 percento dei bambini in età scolastica ne è affetto (sempre come fonte il libro di Cristina Romano). Proprio nell’ambiente scolastico s’inserisce il punto di vista di Benedetta, la protagonista di “Come l’ortica”.

La voce narrante è quella di Benedetta, che, ormai adulta, ripercorre la sua infanzia. Un’infanzia particolarmente difficile, orfana e cresciuta dalla nonna, Benedetta vive in una realtà, famigliare e scolastica, dove i DSA vengono scambiati, più o meno in cattiva fede per stupidità e pigrizia. Fortunamente però Benedetta non è sola. Fondamentali saranno per la sua presa di coscienza la zia Margherita e la maestra Giordana. “Come l’ortica” è la storia della battaglia di Benedetta contro i pregiudizi verso i DSA.

L’urgenza di un romanzo come quello di Cristina Romano deriva dalla reticenza che si ha nel parlare dei DSA, messo anche in luce nella storia di Benedetta. L’autrice, forte della sua esperienza come insegnante, è ben consapevole che per porre fine a questo velo è necessario non l’ennesimo saggio, bensì una storia che possa far presa su un pubblico più vasto, colpendo, così, anche un lato emotivo che alla saggistica è precluso.

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Purtroppo proprio su questo versante poggiano i limiti più gravi di “Come l’ortica”. I personaggi non riescono mai veramente a diventare reali e acquistare una profondità, risultando troppo spesso artificiosi. Non si riesce mai ad affezionarsi a loro e alle loro vicende: nascono e muoiono come macchiette incatenate dal loro rapporto con i DSA. Anche la voce narrante di Benedetta tende a confondersi e alternare momenti infantili a un linguaggio fin troppo adulto e specialistico. Dello stesso problema soffrono i dialoghi, spesso verbosi e forzati.

“Come l’ortica”, quindi, eccede troppo, seppur comprensibilmente, nella sua voglia di chiarezza espositiva di tutto l’universo DSA e della sua stigmatizzazione, a scapito dell’aspetto più squisitamente narrativo. Ma resta, comunque, un libro che merita di essere letto proprio per poter far chiarezza sugli aspetti tanto bistrattati dei DSA. In quest’ottica s’inserisce la decisione presa dall’autrice e dall’editore di togliere i diritti di Copyright e concedere a tutti la possibilità di diffondere il testo in qualsiasi modo.

LINK: http://openmag.it/blog/2015/06/19/lortica-primo-romanzo-sui-dsa/

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