Sopravvissuto: The Martian – Recensione

Sopravvissuto: The Martian – Recensione

In breve…

L’astronauta Mark Watney (Matt Damon), creduto morto dopo un incidente, viene abbandonato su Marte dal suo team di ricercatori. Dovrà cercare di sopravvivere per 4 anni in attesa della missione di salvataggio non autorizzata. Sopravvissuto – The Martian, il miglior film di Ridley Scott degli ultimi anni, è tutto qui. Sorprendentemente lineare si rivela presto una sentita apologia del senso di solidarietà umano, mascherata da dramma spaziale. Senza troppi scossoni, riesce comunque a intrattenere e a tenere sufficientemente con il fiato sospeso lo spettatore.martian-gallery2-gallery-image_0

Dilungandoci…

Se la saga di Prometheus può essere definita horror metafisico, The Martian  è l’altra faccia della medaglia, come una sorta di commedia umana.

Il nuovo “colossal” di Ridley Scott, infatti, è fondamentalmente un film positivo e ottimista, nonostante le angoscianti premesse. Non viene mai lasciato spazio, se non minimale, alla disperazione e alla solitudine di essere sperduti a milioni di chilometri dalla Terra, unica forma di vita su Marte. Questo perché il personaggio di Mark non è mai effettivamente solo. L’umanità è un unicum, legata da una fondamentale solidarietà comune, tanto che nel finale il ruolo di Mark, l’eroe del film, sarà decisivo ma marginale. La sceneggiatura di Drew Goddard quindi è tesa a rendere massima la simpatia dello spettatore nei confronti di Mark, cercando di evitare ogni pietismo. Se da una parte evita di mostrarci momenti di sconforto e di autocommiserazione, mettendo in luce continuamente la costante voglia di fare e di non arrendersi dell’astronauta, la sua umanità emerge grazie alle sfuriate di Mark dai forti toni umoristici, ma insofferenti, a favore delle telecamere di sicurezza, parlando direttamente con lo spettatore.

Lo stesso scopo hanno i vari sketch, al limite dello slapstick, si veda ad esempio il momento dell’esplosione nel laboratorio o il suo balletto a suon di disco music. I toni e la regia di Scott, eccezion fatta per la scena iniziale e finale, sono più quelli di una commedia che di una dramma fantascientifico. Il ritmo è sempre piuttosto frizzante e sostenuto. Si gioca molto con i colori iconici dei diversi pianeti per sottolineare il contrasto, così la fotografia della Terra è virata al blu, quella di Marte al rosso, mentre gli ambienti scientifici sono dominati dall’asettico bianco. Purtroppo in alcuni punti la fotografia è piuttosto scura, probabilmente per colpa di un 3d che, in fondo, non aggiunge molto. Non vi è mai un effettivo senso di meraviglia o di immersività nei paesaggi alieni, anche per stessa volontà di Scott.  Se, quindi, il centro di The Martian è l’umanità, i suoi legami e l’idea che nessuno viene abbandonato, paradossalmente proprio nei personaggi sta uno dei limiti del film.

Decisamente troppi e ridondanti. Di diversi personaggi ci si chiede l’effettiva utilità e se, in fondo, non potessero essere sintetizzati in un numero ben minore. Ad esempio l’astrodinamico Rich Purnell, interpretato da Donald Glover, la cui introduzione rende prevedibili gli esisti di uno dei pochi momenti di climax narrativo del film. Spiace inoltre anche perché molti sono affidati a bravi attori per niente valorizzati, come McKenzie Davis, Kate Mara e in parte perfino Jessica Chastain.  Ma sarebbe ingiusto concludere la recensione su questa nota negativa, considerando che, comunque, The Martian è un film solido e che convince. La bontà di Scott e la speranza di una sua rinascita creativa, anche in vista di Alien: Paradise Lost, può essere ben esemplificata dalla scena in cui Mark affila dei crocefissi per creare degli inneschi utili al suo orto, creando biblicamente la vita su Marte.

Vero e proprio manifesto metafisico in trenta secondi.

pubblicato su 35mm.it